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sabato 30 novembre 2013

ANATOMIA DEL BACINO

Anatomia del bacino by Luca Franzon: l.franzon@libero.it

https://drive.google.com/file/d/0B-wb0LY7UJCJM3A5NmlCUDRtazA/edit?usp=sharing

GLUTEI.....BRASILIANI....!!




In attesa di fornire di bacchetta magica, istruttori e preparatori atletici del Mondo, proviamo a capire quali sono gli errori che spesso si fanno quando si allenano i glutei e quali sono gli esercizi fondamentali per tonificarli a modo. Alzi la mano chi sta leggendo questo articolo che non vuole dei glutei simili a quelli della foto soprastante. 

Partiamo da un po’ di anatomia del gluteo. Il gluteo è quel muscolo che ricopre la parte latero-posteriore del bacino e che va ad inserirsi sul femore. È composta da  tre ventri muscolari, piccolo gluteo, medio gluteo e grande gluteo. Fondamentalmente a livello biomeccanico il grande gluteo è un estensore e rotatore esterno dell’anca, il medio e piccolo gluteo con alcune fasci muscolari sono anche flessori e intarotatori. 


Il grande gluteo risulta essere il maggiore responsabile delle seguenti azioni: alzarsi dalla sedia, camminare in salita e salire le scale. 


Primo segreto per l’allenamento perfetto: IL GLUTEO E’ UNO DEI MUSCOLI PIU’ FORTI DEL NOSTRO CORPO!! Di conseguenza ha bisogno di stimoli molto intensi!! 

Primo errore che si fa quando si allenano i glutei: allenarli con serie infinite di slanci in tutte le posizioni possibili e immaginabili! 

Secondo errore: evitare in maniera assoluta esercizi fondamentali tipo Squat e affondi sagittali, perché fanno ingrossare le gambe, come a quel culturista che si sta allenando proprio adesso sotto il vostro sguardo e che ha quadricipiti pazzeschi! 

Sfatiamo questo mito il culturista sta cercando ipertrofia muscolare e quindi si allenerà con determinati carichi e seguirà particolari diete. 

Guardate le vostre gambe e misurate la circonferenza….. adesso provate ad immaginare la stessa circonferenza, ma con meno ciccia!! Risultato gambe più belle non più grosse. 



Chi si allena con gli slanci altro non fa che macinare serie su serie andando incontro a formazione di acido lattico a fiumi con risultato di avere nelle zone critiche un buon precursore della cellulite!!! Complimenti avete fatto tutto il possibile per peggiorare i vostri glutei. 

Torniamo ai culturisti, nessuno pretende che ogni ragazza che entra in sala pesi diventi una body builder, nessuno vuole inculcare nella testa canoni di bellezza quali possono essere un fisico femminile molto muscoloso, ma nessuno può dire che le atlete di fitness non abbiano un bel fondo schiena!!! 
Se poi non stiamo a dieta ferrea, e facciamo si che un buona muscolatura venga coperta da un pò di ciccia e ripeto un po’ ecco che potete tranquillamente prenotare l’aereo per Rio e sfilare sui carri del Carnevale!! 


Fermiamo la fantasia e iniziamo a pensare alla pratica. L’allenamento per i glutei è bene associarlo a quello dei quadricipiti perché hanno alcuni esercizi che li stimolano insieme. Nel caso in cui si decide di fare un po’ di slanci è bene utilizzare una legge della contrazione muscolare ( legge di Borelli, Weber, Fick) che dice che un muscolo che si contrae completamente ma che non si allunga completamente si accorcia, di conseguenza gli slanci vanno eseguiti con movimenti corti in contrazione. Gli slanci o le macchine per i glutei li useremo come riscaldamento. 

L’esercizio fondamentale è lo squat e udite udite con carichi pesanti perché così  facendo stimoliamo la forza con risultato più tonicità ma non ipertrofia quindi glutei sodi. Ricordiamoci che la muscolature del gluteo è il motore principale quando ci alziamo da una sedia, quale esercizio si avvicina di più a questo movimento? NATURALMENTE LO SQUAT!!  Un altro esercizio che spesso viene trascurato, ma che fa tanto bene ai glutei è lo stacco a gambe tese. Da aggiungere alla lista degli esercizi da fare, sicuramente gli affondi, dato che la gamba dietro va in notevole estensione e guarda caso il gluteo è un’estensore dell’anca. In secondo piano arriva la pressa che è comunque un buon esercizio ma che non può essere considerato sinonimo dello squat, ma che ritengo molto utile quando si hanno problemi di mobilità articolare. Un altro bel discorso da fare è la frequenza di allenamento con cui si possono esercitare i glutei. La mia opinione ed esperienza è anche in tutte le sedute. Come? Dividendo le gambe in due. Ovvero in un allenamento quadricipiti e glutei nel secondo allenamento femorali e glutei nel terzo allenamento facendo un circuit training con esercizi di tonificazione misti  a macchine aerobiche.




ALLENAMENTO PER ARTI INFERIORI



RISCALDAMENTO CON MACCHINE AEROBICHE    
POSSIBILMENTE STEP O RUN IN SALITA            10’



SLANCI ALLA MACCHINA MAX ACCORCIAMENTO MINIMO ALLUNGAMENTO    3 X 12/15



SQUAT                                12-10-8-6



AFFONDI SAGITTALI                        3 X 8/10



STACCO GAMBE TESE                        12-10-8-6



DEFATICAMENTO CON MACCHINE AEROBICHE        10’




Questa potrebbe essere un tabella per iniziare ad allenare i glutei in maniera corretta e seria!!!




PROVARE PER CREDERE………sono disposto a scommettere che con questo allenamento i vostri glutei miglioreranno!!

Di Luca Franzon: l.franzon@libero.it

LE BIOTIPOLOGIE

In questo articolo tratteremo le biotipologie ovvero lo “studio del tipo vivente”. Oltre tutti gli aspetti fisici, biologici, medici, psicologici, temperamentali, psico-sociali, psico-attidudinali, tendenze caratteriali, integrazione e comportamenti nel sociale, verranno affrontate anche le peculiarita' comportamentali.




 
Lo studio dei diversi tipi di morfologia è nato in Grecia tra il III e il IV secolo a.C. con Ippocrate che ha sviluppato la filosofia umorale che è resistita fino alla fine del XVIII secolo. Alcuni secoli più tardi, Galeno (129 – 199 D.C.) identificò i fattori indicati da Ippocrate nei termini di: linfatico, nervoso, sanguigno e bilioso.
  • TEMPERAMENTO LINFATICO: forme rotonde e flaccide con cute pallida e fredda, le funzioni neurovegetative sono ridotte e presenta un carattere generalmente riflessivo;
  • TEMPERAMENTO SANGUIGNO: forme piene ma più toniche con cute rossa e calda, presenta un carattere impulsivo e giovanile;
  • TEMPERAMENTO BILIARE: si presenta magro con cute calda e olivastra, le funzioni neurovegetative sono veloci, dimostra intelligenza con carattere volitivo, ambizioso e passionale;
  • TEMPERAMENTO ATRABIALE o MELANCONICO: solitamente magro e astenico con cute fredda e lo sguardo poco espressivo. Presenta una certa lentezza nelle funzioni e un carattere pessimista incline alla tristezza.


Lo statunitense William Herbert Sheldon conseguì il dottorato in psicologia nel 1926 presso l'Università di Chicago, mentre nel 1933 ottenne il titolo in medicina. I suoi libri hanno rappresentato un importante contributo per lo sviluppo delle teorie sui rapporti tra costituzione fisica, psicologia e criminalità, qualità che lo renderanno celebre in questi ambiti. Nel 1940, assieme a S.S. Stevens e W.B. Tucker,  pubblicano il libro "The Varieties of Human Physique" (Le varietà del fisico umano). I tre studiosi descrissero e coniarono la parola "somatotipo". In questo testo vennero individuati in maniera semplificata tre modelli somatici che, nel loro sviluppo, si delineavano dalla prevalenza di uno dei tre foglietti embrionali: endoderma, mesoderma, ed ectoderma. L'embrione umano, ad un certo stadio della sua maturazione, presenta questi tre tegumenti, dai quali avranno origine rispettivamente: gli organi interni; lo scheletro e gli organi di sostegno; la pelle, i capelli ed il sistema nervoso
Da queste teorie nasce la classificazione dei somatotipi definiti:
  • ECTOMORFO: soggetto che presenta nella media una predominanza del sistema simpatico che gli consente una buona azione lipolitica esercitata prevalentemente ad opera dell’adrenalina e noroadrenalina (catecolamine) liberate dalle fibre nervose che innervano gli adipociti e dalla midollare delle ghiandole surrenali. Di conseguenza l’ectomorvo avrà un metabolismo molto veloce, fatica ad aumentare di peso ed è adatto a diete ipercaloriche, normo o iperlipidiche, iperproteiche. La statura è superiore alla larghezza delle braccia estese e la circonferenza toracica è minore della metà della statura, corrisponde alla struttura del longilineo.Dal momento che questo tipo corporeo possiede un metabolismo molto veloce, per l'ectomorfo è difficile costruire muscolatura. Ma adattando l’allenamento e la dieta alle sue esigenze per l'ctomorfo è possibile guadagnare massa muscolare in misura rispettabile.Quindi un’ectomorfo si adatterà bene a sessioni di allenamento brevi e intense, limitando o addirittura escludendo l’attività aerobica. che durano al massimo 40-60 min. Oltre a riposare e a rilassarsi in modo sufficiente, è estremamente importante che l’ectomorfo segua una diete in cui sono presenti in abbondanza tutti i nutrienti suddivisi in modo regolare durante tutta la giornata (6-8 porzioni). In un soggetto ectomorfo, per l’aumento di peso può essere utile aumentare nella dieta la quota lipidica (prediligendo i grassi mono e polinsaturi) poiché, i lipidi forniscono il più cospicuo apporto calorico (9 calorie/gr. ) rispetto a glucidi e proteine (4 calorie/g.). Esempio 15% proteine, 30% grassi, 55% carboidrati. 
  • MESOMORFO: presenta solitamente un ottimale equilibrio fra azione del sistema simpatico e parasimpatico. Rappresenta il soggetto con metabolismo ottimale e bilanciato, per questo motivo, mediamente, la sua dieta risponde bene alla classica divisione 20% grassi, 20% proteine, 60% carboidrati. Risponde discretamente agli stimoli sia per l’aumento che per diminuzione di peso. Scheletricamente è equilibrato e corrisponde al normolineo. Ha il potenziale genetico migliore per costruire muscoli. Le sessioni di allenamento possono essere un po’ più lunghe rispetto all’ectomorfo e possono includere alcuni allenamenti aerobici.
  • ENDOMORFO: l’endomorfo è conosciuto come il metabolismo lento, ha mediamente una prevalenza del sistema denominato parasimpatico che esercita un’azione lipotrofica agendo principalmente sull’aumento della produzione di insulina e il conseguente aumento dei substrati derivati da un’ottimale funzionamento dei processi digestivi. La sua dieta sarà tendenzialmente ipocalorica e iperproteica, ipoglucidica e normolipidica. Esempio 30% proteine, 15% grassi, 55% carboidrati, privilegiando quelli a basso indice glicemico per mantenere “la calma insulinica”. Ha tendenza a guadagnare peso molto velocemente ma soprattutto di grasso. Strutturalmente si identifica con il brevilineo, la sua statura è generalmente uguale o minore delle braccia estese, la circonferenza toracica è maggiore della metà della statura. L’endomorfo è in grado di sostenere sessioni di allenamento abbastanza lunghe e intense, per questi soggetti l’attività aerobica risulta fondamentale per favorire la lipolisi stimolando l’ossidazione dei grassi di deposito come fonte di energia per la produzione di ATP e attivando la lipasi enzimatica che scinde i trigliceridi in acidi grassi.


 

Esiste un’ulteriore divisione per biotipologie ma questa si basa su parametri che richiedono accurate indagini metaboliche:
  • IPOSSIDATORE: individui che accusano una ipofunzionalità metabolica, sono spesso sovrappeso e se sono donne accusano facilmente problemi di cellulite e circolazione periferica ridotta. La cute è secca e l’organismo generalmente disidratato. I tessuti sono troppo ricchi di calcio e la loro temperatura è leggermente inferiore alla media.
  • IPEROSSIDATORI: individui solitamente tonici e fisicamente attivi. La percentuale di grasso è normalmente bassa e se per vari fattori tendono ad ingrassare lo faranno principalmente a livello della cintura addominale senza intaccare gli arti. La loro temperatura corporea è più alta della media e i loro tessuti sono poveri di calcio e ricchi di sodio.
  • OSSIDATORE BILANCIATO:rappresenta il riferimento, è in equilibrio ormonale e minerale, risponde allo stress in modo corretto senza sprecare inutilmente energia.

DI Luca Franzon: l.franzon@libero.it

venerdì 29 novembre 2013

ABC...DEGLI ESAMI DEL SANGU

Di Luca Franzon: l.franzon@libero.it



Penso sia giusto che un professionista del settore fitness, sia in grado di valutare a grandi linee lo stato di salute degli utenti e che riesca a farlo sapendo leggere i referti degli esami che i praticanti fitness spesso portano con se all’atto dell’iscrizione in palestra. È chiaro che l’istruttore non è un medico, e che non deve assolutamente fare diagnosi o permettersi di consigliare strane alchimie che poi si dimostrerebbero non salutari per i frequentanti della palestra. La  mia intenzione è, fare una carrellata delle varie voci che si trovano in genere negli esami del sangue più comuni e di spiegarne il significato. Chi pratica attività fisica dovrebbe fare gli esami del sangue  almeno una volta all’anno per vedere come il suo  corpo sta funzionando ed eventualmente intervenire a livello medico se qualcosa non va. Non metterò volutamente gli indici di riferimento nei valori che spiegherò perché le ritengo inutili per almeno due motivi, primo non dobbiamo fare diagnosi, secondo, ad ogni età,  a seconda della patologia eventualmente presente, a seconda del tipo di allenamento e alimentazione a cui ci si sta sottoponendo  ci sono variazioni, e quindi dare valori di riferimento invece di fare chiarezza andrebbe a complicare le cose.

EMOCROMO: E’ l’esame del sangue più eseguito. Serve per conteggiare il numero dei globuli rossi (eritrociti), dei globuli bianchi (leucociti), delle piastrine (trombociti), dell’emoglobina. Con il numero dei globuli bianchi il laboratorio di solito fornisce anche la percentuale di ciascun tipo di globulo bianco (granulociti neutrofili, eosinofili e basofili monociti, linfociti). È detto anche emocromocitometrico che letteralmente significa "misurazione del colore del sangue e del numero delle sue cellule, cioè dei globuli".
Vediamo ora quali sono le sottovoci dell’emocromo.
GLOBULI ROSSI: o eritrocitii, sono cellule  che trasportano ossigeno e anidride carbonica.
 GLOBULI BIANCHI: chiamati anche leucociti. Ce ne sono di diversi tipi: basofili, eosinofili, linfociti, monociti, neutrofili. La loro funzione è quella di difendere l’organismo dalle infezioni. L’esame che evidenzia la percentuale dei diversi globuli bianchi presenti nel sangue si chiama formula leucocitaria .
 NEUTROFILI: Appartengono alla serie dei globuli bianchi e ne rappresentano la classe più numerosa; in genere aumentano nelle infezioni batteriche.
LINFOCITI: Cellule appartenenti a un gruppo di globuli bianchi di importanza essenziale per la funzionalità del sistema immunitario dell’organismo; in genere aumentano nelle infezioni virali.
MONOCITI: sono cellule del sangue di grandi dimensioni, più grandi rispetto agli altri leucociti.
EOSINOFILI: E’ una varietà di globuli bianchi; in genere aumentano in presenza di allergie o in infestazione parassitarie.
BASOFILI: Una delle forme dei globuli bianchi o leucociti .
PIASTRINE: Sono i più piccoli elementi figurati del sangue che contribuiscono alla coagulazione; aggregandosi insieme in particolari situazioni (traumi, ferite, emorragie) bloccano le emorragie. La loro aggregazione è un fenomeno sfavorevole quando tende ad avvenire in condizioni normali, perchè può portare alla trombosi. La loro diminuzione causa alterazioni dell'emostasi con allungamento del tempo di emorragia. 
EMOGLOBINA:  Proteina, costituente principale dei globuli rossi, adibita principalmente al trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti; nel suo viaggio di ritorno nel sangue venoso l’emoglobina trasporta invece anidride carbonica ai polmoni dai quali questa viene espulsa con l’aria espirata. La sua formazione avviene nel midollo osseo simultaneamente a quella degli eritrociti immaturi.
 EMATOCRITO: Esame che misura la quantità percentuale dei globuli rossi rispetto alla frazione liquida del sangue; la sua sigla è HMT.
MCV: E' il volume corpuscolare medio dei globuli rossi.
V.E.S.:  Sigla che sta per "velocità di eritro sedimentazione"; in pratica calcola il tempo necessario perchè la parte solida del sangue (globuli rossi) si separi da quella liquida (plasma).
Non si tratta di valori molto precisi in quanto la VES può essere normale anche se l’infezione è già in atto, oppure può risultare elevata quando ormai si è già guariti e quindi è più che mai necessario il parere del medico.
FIBRINOGENO: Sostanza proteica che interviene con gli altri fattori della coagulazione a favorire la coagulazione del sangue, in quanto si trasforma in fibrina.
 GLICEMIA: Indica la concentrazione nel sangue di glucosio, zucchero che si origina dal metabolismo di glicogeno, di ammino acidi e grassi introdotti con gli alimenti.
TRANSAMINSAI GOT o AST:  Enzima molto importante, si chiama "transaminasi glutamico-ossalacetico" che in sigla si definisce GOT oppure AST (aspartato transferasi). È presente nel fegato e viene analizzato per studiare le condizioni epatiche,quelle cardiache e anche quelle legate all’alterazioni di quei muscoli che coordinano i movimenti dello scheletro.
 TRANSAMINASI GPT o ALT:  Enzima molto importante presente nel fegato. Si chiama "transaminasi glutamico piruvica", in sigla GPT oppure ALT (alanino amino transferasi);  danno l’esatta valutazione della gravità dell’alterazione del fegato.
 FOSFATASI ALCALINA:  E' un enzima dosabile nel sangue, prodotto dall’intestino, dal fegato, da ossa e placenta; si trova nelle vie biliari. Il suo dosaggio viene eseguito per stabilire, in modo particolare, eventuali patologie delle ossa.
CREATININA: E’ un componente del sangue che viene eliminato con l'urina; segnala la funzionalità del rene in quanto viene eliminata dai reni stessi attraverso l’urina. Se la presenza di creatinina nel sangue è troppo elevata, ciò significa che i reni non riescono a farla passare nelle urine e quindi non svolgono bene il loro lavoro. Un’alimentazione che intrude forti quantità di carne può alzare questo valore.
 ACIDO URICO: La presenza di acido urico nel sangue è detta uricemia. E' un prodotto di scarto del metabolismo proteico e dovrebbe essere espulso dal corpo, attraverso i reni, nell'urina. Se ciò non avviene, nel sangue aumenta il tasso di acido urico.
BILIRUBINA TOTALE:  E' un pigmento contenuto nella bile dell'uomo. Essa si riforma in seguito alla demolizione dell’emoglobina appartenenti ai globuli rossi smantellati al termine della loro vita. Viene trasportata dal sangue che la trasforma per renderla solubile in acqua.Si divide in bilirubina diretta (già formata dal fegato) indiretta (non ancora "lavorata" dal fegato).Se il fegato si ammala oppure vengono distrutti globuli rossi in eccesso la bilirubina aumenta.
COLESTEROLO TOTALE:  E’ un grasso; importante costituente delle cellule dell’organismo. Può avere origine alimentare, ma la maggior parte è fabbricata dal fegato a partire da una vasta gamma di sostanze. La ricerca di questa sostanza nel sangue concorre, con la ricerca dei trigliceridi, a valutare lo stato lipemico dell’organismo. Può essere eliminato (tramite la sintesi degli acidi biliari) per via epatica (fegato) o per via intestinale. Viene differenziato in due gruppi:
Colesterolo HDL (High Density Lipoproteins, HLD) che sembra avere un effetto protettivo nei confronti della malattia arteriosa, perché le proteine ad alta densità avendo una struttura  molto grande al  loro passaggio nelle arterie fungono da spazzini delle medesime ripulendole  dai depositi arteriosclerotici. Colesterolo (Law Density Lipoproteins, Ldl) aumentano  il rischio di sviluppo di aterosclerosi.

TRIGLICERDI: Sono sostanze grasse prodotte nel fegato o introdotte con gli alimenti. Insieme all’aumento del colesterolo, l’innalzamento dei trigliceridi costituisce un fattore di rischio perchè danneggia le arterie aumentano i rischi di malattie cardiovascolari.
ALBUMINA: E' una proteina prodotta nel fegato ; ha molte funzioni, ma la più importante è quella di mantenere costante il livello dei liquidi nei vasi sanguigni; quando i livelli sono bassi i liquidi si diffondono nei tessuti, causando gonfiore. 
GAMMA GLOBULINE: Globuline che hanno la funzione di anticorpi.Sono suddivise in  5 classi diverse: IgG, IgA, IgM, IgD, IgE.
FERRITINA:  Indica il ferro presente a livello del fegato, cioè la riserva in ferro. 
 
La speranza è quella di aver dato una linea guida per non rimare basiti innanzi ad un referto medico di valutazione ematochimica, senza nulla togliere chiaramente al medico a cui compete la diagnosi, e  che ritengo figura insostituibile con la quale collaborare in svariate situazioni, in modo da poter allenare gli utenti in maniera sana e redditizia.

giovedì 28 novembre 2013

I SEGRETI PER INCREMENTARE LA FORZA MUSCOLARE



E’ un piacere per me scrivere di un argomento così tanto trattato e controverso come lo sviluppo della forza muscolare. Ogni hanno vengono fuori nuovi studi e nuove teorie su come incrementare i tipi di forza e sviluppare il corpo desiderato e ambito da tutti noi. In molti credono che la forza muscolare sia solo la conseguenza di un assiduo allenamento con i pesi, ma non è così.
L’incremento della forza non è solo il risultato di lunghi allenamenti in palestra, ma anche di innumerevoli adattamenti sia muscolari che nervosi. 
Chiunque di noi ha sentito parlare di reclutamento di unità motorie, di ipertrofia e iperplasia; sono proprio questi che determino la forza muscolare, oltre che ad altre caratteristiche morfologiche e funzionali.

Lo scopo di questo articolo non è quello di darvi l’allenamento perfetto e ideale per lo sviluppo della forza, ma farvi capire quali sono i principi che stanno dietro alla semplice tabella di allenamento, e fornirvi un metodo per capire se il programmino fatto dal vostro istruttore ha un senso logico o no.

Partiamo dagli inizi.

IL MUSCOLO SCHELTRICO
Il tessuto muscolare è composto da cellule con forma allungata organizzate in strutture chiamate miofibrille, la cui caratteristica fondamentale è la contrattilità. La contrattilità è data poi alla actina e dalla miosina, che scivolando l’una sull’altra accorciano il sarcomero. Successivamente, come tutti noi sappiamo, ci sono vari tipi di fibre muscolari, chiamate rispettivamente rosse, bianche e intermedie.
Le rosse sono fibre muscolari con grandi capacità aerobiche, in quanto hanno un quantitativo di mitocondri molto elevato rispetto alle altre e di conseguenza grandi capacità ossidative. Le fibre bianche sono adatte invece agli sport dove sono richieste contrazioni rapide e potenti, ma la loro controindicazione è che si affaticano molto in fretta. Le intermedie hanno proprietà miste e solitamente sono fibre di tipo bianco che “tentano” di diventare rosse dopo allenamenti di tipo aerobico.

Non mi soffermo troppo sulla fisiologia del muscolo scheletrico e quindi vi dico subito che, in genere, agli appassionati di fitness interessano di più le fibre bianche, perché sono quelle che generano più forza. 



TIPI DI FORZA

La forza a seconda del suo durare nel tempo e dell’intensità con cui viene espressa, assume differenti caratteristiche ( qui ve ne riporto le fondamentali ):
Forza massimale
Forza veloce
Forza resistente

La prima, è la pura espressione di forza, cioè il livello massimo di forza che il sistema neuromuscolare è in grado di ottenere.
La seconda è definita come la capacità di vincere o superare una resistenza con un’elevata rapidità di contrazione.
In fine, la terza, è la capacità dell’organismo di opporsi ad un carico per un tempo relativamente lungo. 

Ovviamente le caratteristiche anatomo-funzionali di ognuno di noi ci indirizzano ad essere più predisposti verso un tipo di forza ed a essere meno adatti a un’altra.
Oltretutto, in base al nostro scopo cambia anche l’allenamento da fare, ma di questo parleremo dopo.

SISTEMA NERVOSO

Anche in questo caso non vi annoierò con un trattato di fisiologia del sistema nervoso, ma mi limito a spiegarvi il perché esso è fondamentale per la nostra forza muscolare.
Innanzitutto una domanda:

Perché un sedentario che inizia a fare allenamento con sovraccarichi migliora il suo carico massimale dopo due o tre sedute di allenamento? E’ Forse opera di un programma miracoloso che il suo istruttore gli ha fornito?

Ovviamente non c’è niente di miracoloso, semplicemente il suo sistema nervoso si è “svegliato”. Infatti la forza non migliora solo grazie all’aumento della sezione trasversa del muscolo, ma anche alla capacità di quest’ultimo di reclutare fibre muscolari.
Pensate un attimo, se dovete spingere una macchina da soli fate un bel po’ di fatica, se invece vi aiuta un amico la fatica si dimezza e cosi via. Il muscolo lavora esattamente alla stessa maniera, cerca di chiamare più “amici” ( fibre muscolari ) possibile.
Di conseguenza è evidente che l’allenamento deve anche essere tarato in maniera tale da permettere al muscolo di reclutare tutte le sue fibre e di conseguenza attivare tutte le unità motorie.

Questo concetto lo riprenderemo successivamente.

DA COSA E’ DATA LA FORZA MUSCOLARE?

Lasciamo stare per un secondo la parte fisiologia e concentriamoci sul perché la forza è importante e a cosa comporta.
La nostra forza è semplicemente dovuta all’esercizio fisico, i muscoli che non lavorano perdono massa e forza, mentre la tensione esercitata sul muscolo e quindi l’allenamento genera un aumento delle due componenti. L’effetto principale dell’allenamento è un incremento del carico massimale, seguito da un aumento del volume e della sezione trasversa del muscolo.
Un allenamento che ha con scopo quello di incrementare la forza di un distretto muscolare, comporta degli adattamenti sulla massa del muscolo ( ipertrofia ), sul fenotipo ( tipo di fibre ) e sul controllo motorio. Tutti questi adattamenti funzionali, insieme alle caratteristiche genetiche di ognuno di noi ci daranno il risultato sperato ( ammesso che l’allenamento sia ottimale )

ALLENAMENTTO DELLA FORZA

Eccoci qui, finalmente siamo arrivati al punto che tutti stavate aspettando. Dopo avere introdotto pochi concetti su come si comporta il muscolo e da cosa è generata la forza, è arrivato il momento di entrare in palestra.

Per prima cosa vediamo un tabella:


Come si nota dalla tabella non tutto quello che noi facciamo in palestra comporta un miglioramento tangibile della forza. 


Se osservate bene, gli adattamenti migliori per sviluppare la forza massimale si ottengo con ripetizioni brevi e carichi elevati. PERCHE’? La risposta è abbastanza semplice, andando a lavorare con carichi alti si obbliga il nostro muscolo a reclutare tutte le fibre muscolari e di coinvolgere quindi anche quelle miofibrille che sono innervate con motoneuroni ad alta intensità di attivazione.

Per quanto riguarda invece lo sviluppo della forza veloce, si dovrà lavorare con ripetizioni più alte ma carichi più leggeri. Questo perché noi andiamo a cercare la velocità di esecuzione e non “forza bruta”. Il concetto è semplice, basta pensare a quando testate il vostro 1RM. Quando fate il gesto massimale non siete certamente veloci e tranquilli per sollevare quel peso incredibile, bensì lenti e stressati. Di conseguenza, se cerchiamo velocità non possiamo usare carichi alti.

La forza resistente è per sua definizione un gesto prolungato nel tempo. Di conseguenza andremo a lavorare con carichi ancora più leggeri e intorno alle 20 ripetizioni o addirittura di più. Solo in questo modo si può abituare il muscolo a stress prolungati.

CONCLUSIONI

Abbiamo fatto una veloce panoramica su come funziona il muscolo e il nostro sistema nervoso quando lo sottoponiamo a un esercizio di forza. 
Quello che dobbiamo ricordare è che esso si adatta sempre e non solo a livello muscolare, infatti la componente nervosa è FONDAMENTALE per generare una forza incredibile.  Gli adattamenti partono infatti proprio dalla parte nervosa e poi arrivano fino alla fibra.
Abbiamo poi imparato che esistono vari tipi di forza e che l’allenamento deve essere tarato in base a ciò che si vuole ottenere. Prima si programma l’obbiettivo e poi si pensa a come raggiungerlo. 
L’allenamento ottimale porta infatti a grandi risultati, ma si devono tenere in considerazione anche i limiti fisiologici del nostro organismo, come per esempio l’angolo di pennazione delle fibre ( disposizione delle fibre muscolari ).

Infine , come sempre vi lascio qualche consiglio utile su come migliorare i tre tipi di forza:

FORZA MASSIMA:  per sviluppare tale forza si deve sempre lavorare con tensioni muscolari alte, ricercando la massima sincronizzazione delle fibre muscolari; la contrazione deve essere il più ampio possibile, sfruttando tutto il grado articolare; il tempo di contrazione deve essere abbastanza lungo in maniera da stimolare tutti i processi di adattamento. Infine i tempi di recupero fra le serie devono essere abbastanza lunghi ( superiori ai 3 minuti ).
FORZA VELOCE: essa è data dalla relazione fra la velocità di esecuzione e dalla forza generata. Quindi è importante generare la maggiore potenza possibile del minor tempo possibile. Tale forza è fortemente correlata con la massimale e di conseguenza all’aumentare di una aumenta anche l’altra. Tuttavia contrazione concentriche di tipo esplosivo permettono un incremento ti tale forza.
FORZA RESISTENTE: solitamente tale forza è soggetta a vari processi ( aerobico, anaerobico-lattacido e anaerobico-alattacido ). Uno dei processi per allenarla è il famoso circuito con 5/7 stazioni. Un altro metodo usato è quello del numero massimo di ripetizioni con carico basso. Si lavora quindi con percentuali passe del 1RM e con ripetizione massimali.



Andrea Monte



martedì 26 novembre 2013

FITNESSS FUNZIONALE

Di Giorgio Morachioli: emmegifitconsulting@gmail.com



Se consideriamo come l'uomo si muove, capiamo che il grosso limite delle metodiche allenanti classiche, con macchine isotoniche, non rispettano in nessun modo la peculiarità del movimento umano, che è quello di spostarsi su più piani nello spazio. Ipotizziamo di dover raccogliere da terra un oggetto e doverlo poi riporre su un ripiano in alto, alla nostra destra.

Il movimento che andremo a compiere sarà un accosciata (uno squat), ci rialzeremo e con il nostro oggetto in mano andremo a riporlo su detto ripiano: quindi faremo un  press ed una rotazione del busto.

Un movimento complesso e composto da tre singoli esercizi che nessuna macchina se non presa singolarmente una ad una può farci eseguire. Nell'ordine leg press (per l'accosciata) shoulder press (per alzare l'oggetto) ed il rotary machine ( per la torsione del busto).

In poche parole il functional training ci insegna  a riappropriarci di tutti gli schemi motori primitivi, integrandoli tra di loro come accosciarsi, sollevare, trasportare, lanciare oggetti, deambulare correttamente, effettuare rotazioni con il proprio corpo ecc , questo è possibile farlo sia con esercizi a corpo libero sfruttando il proprio peso come sovraccarico sia con attrezzi come i kettlebell, le palle mediche, sacche riempite di sabbia od acqua, clave in legno ecc, cercando un condizionamento generale delle proprie qualità, da qui, poi, si possono  ricercare adattamenti specifici all'interno di una preparazione atletica di qualsiasi sport. Adatto a tutti in ogni età e qualsiasi condizione fisica, è possibile infatti modulare l'intensità dell'allenamento e le sue caratteristiche in base al tipo di utenza che ci si dedica o addirittura lo può fare l'utente stesso regolando la velocità delle ripetute in base al suo stato attuale di performance atletica.

Compiere gesti chiamando in causa lunghe catene muscolari e quindi più muscoli che  lavorano in sinergia, significa oltre a far lavorare la stessa catena in equilibrio ed evitare un giorno, dopo massacranti allenamenti alla chest press di accorgesi di avere pettorali forti ma tricipiti e deltoidi deboli, una richiesta energetica altissima con conseguente innalzamento del metabolismo a riposo, da qui scaturisce una maggiore capacità di ossidare i grassi di deposito favorendo la lipolisi ed il miglioramento della nostra composizione corporea, che avviene sempre dopo l'allenamento e non durante, essendo lo stesso la causa e non l'effetto degli adattamenti che ricerchiamo.

Inoltre, una caratteristica peculiare del functional training, proprio per poterlo svolgere in modo ottimale, è il recupero della stabilità e forza del core, ovvero di tutti i muscoli che fanno capo al corsetto addominale; retto, trasversi,obliqui,quadrato dei lombi, pavimento pelvico. Questo complesso muscolare, è fondamentale ai fini  posturali e di equilibrio del nostro corpo. Il pavimento pelvico ad esempio, chiude la regione addominale e la sua principale funzione è quella di sostegno della stessa e di  contenimento dell'apparato sfinterico ; una piccola parentesi, per una donna avere un pavimento pelvico forte significa affrontare meglio il parto e la relativa successiva fase di recupero, i kegel exercise tipici delle puerpere mirano proprio alla cura di questo muscolo. Respirare con la metodica funzionale agente sul trasverso dell'addome coinvolto direttamente nell'espirazione forzata, alla lunga significa avere un addome più piatto. Particolare attivazione del core la abbiamo con gli allenamenti in sospensione ed a corpo libero, per stabilizzare i movimenti durante gli esercizi.

Altro punto nevralgico che dobbiamo curare per un ottimo stato di fitness  risiede nell'estensione dell'anca, da dove nasce la capacità propulsiva per l'avanzamento del nostro corpo nello spazio. Qualsiasi preparatore atletico alla domanda dove risiede la forza di un atleta, risponderà proprio l'anca. Rinforzare la catena estensoria di questa parte anatomica quindi quadricipiti, femorali, glutei migliora la nostra capacità di movimento ed i kettlebell, per poter essere utilizzati nei suoi basics sfruttano proprio la capacità di estendere l'anca in modo esplosivo.

Le qualità cardiorespiratorie e cardiovascolari migliorano in virtù dell'intensità degli esercizi e modulazione degli stessi oltre alla continua e rapida richiesta di sangue in distretti muscolari distanti tra di loro che impegnano la pompa cardiaca alla ridistribuzione del sangue dalla parte bassa alla parte alta del corpo. Non avendo noi altre pompe se non il cuore, questa peculiarità del funzionale  permette alle donne affette da inestetismi tipici femminili di drenare i tessuti eliminando ristagni di liquidi e tossine che permangono in zona trocanterica; cosce, glutei, fianchi permettendo un  miglioramento estetico in quelle zone.

In sostanza con l'allenamento funzionale si ritorna ad un concetto di cultura fisica che appartiene al passato, la cui finalità non era estetica, come invece purtroppo si è trasformata in seguito, ma semmai un giusto equilibrio di tutte le caratteristiche che un corpo sano ed efficiente deve avere, anche la componente  legata alla bellezza, certamente, ma come conseguenza e non come priorità. Pensiamo a come venivano svolte le lezioni di ginnastica a scuola e a come ci comportiamo in palestra oggi; capiremo  come dovremmo allenarci per restare veramente in forma per molto tempo, la bellezza passa ma cuore, polmoni, articolazioni ed elasticità muscolare ci accompagneranno per sempre. 

lunedì 25 novembre 2013

COME AVERE LA PANCIA PIATTA...

Di Luca Franzon


Una dei desideri maggiori delle utenti femminile è quello di avere la pancia piatta. La pancia ed un conseguente ventre piatto, è il risultato del buon esito dell’applicazione di diversi fattori di varia natura, il ventre piatto può essere considerato come la conseguenza di:


  • Poco grasso addominale
  • Annullamento o riduzione del gonfiore gastro-intestinale
  • Effetto del torchio addominale

Questo post ha la funzione di far conoscere uno dei muscoli del pacchetto addominale, ovvero il trasverso dell’addome. Questo muscolo è il più profondo della fascia addominale. L’anatomia del trasverso dell’addome è la seguente:


  • ORIGINE: sulla faccia interna della cartilagine delle ultime sei o sette coste, sul labbro mediale della cresta iliaca del margine anteriore, sulla parte laterale del legamento inguinale, tramite l'aponeurosi del gran dorsale sui processi traversi delle vertebre lombari
  • INSERZIONE: sulla linea alba.
  • VASCOLARIZZAZIONE: è irrorato dall'arteria epigastrica e mammaria, dalle arterie satelliti dei nervi intercostali.
  • INNERVAZIONE: è innervato dai quattro ultimi nervi intercostali, dal nervo ileoipogastrico e ileoinguinale.
  • AZIONE: portando le coste verso il piano mediano concorre all'espirazione. Comprime gli organi addominali contro la colonna vertebrale.

Quanto più il muscolo trasverso è tonico, tanto più il giro vita apparirà assottigliato,  in quanto ne viene accentuata la curva che lo delimita lateralmente e che coincide con la zona che si trova tra coste e bacino. Si ritiene inoltre, che il trasverso dell’addome svolga un ruolo fondamentale nella stabilizzazione attiva della regione lombo-pelvica, e che comprima i visceri durante il torchio addominale, impedendo la protrusione della parete addominale.




La contrazione volontaria e non, del trasverso dell’addome determina un aumento della pressione intraddominale, producendo una forza direzionata posteriormente sul culmine della lordosi lombare favorendo in questo modo, un giusto “riposizionamento” della massa viscerale.

Oltre a migliorare l’estetica del ventre il trasverso è fondamentale nella prevenzione della lombalgia. In seguito registrazioni elettromiografiche sui muscoli addominali profondi, nei soggetti con lombalgia il più comune riscontro nell’avvio della cotrazione era a carico del trasverso. In unsoggetto normale, il trasverso dell’addome si contrae mediamente 110 ms prima del movimento di un arto inferiore; questo reclutamento muscolare preliminare involontario è assente nel lombalgico. Questo mancanto movimento del trasverso dell’addome,  fa si che il rachide sua meno preparato e protetto da eventuali movimenti sbagliati. Fondamentalmente il soggetto con lombalgia, perde la funzionalità del trasverso, insieme al suo ruolo fondamentale di sostegno e stabilizzazione segmentaria lombare.

Un valido esercizio per il trasverso dell’addome è il seguente: posizionarsi in n piedi o seduti. Espirare completamente, poi, a bocca chiusa mimare una profonda inspirazione. Tenere questa posizione 5 secondi, inspirate profondamente a bocca aperta e ripetete la procedura per dieci volte. Con la pratica arrivate a tenere lo stato di sottovuoto fino a dieci secondi.

In un prossimo post parleremo di vacum addominale come esercizio per rendere la pancia piatta....!

CERTIFICATO DI SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE


Sapevate che in base all'articolo 42/bis del DL 1248-b dello 09/07/2013  il certificato medico di sana e robusta costituzione non è più obbligatorio.

”Al fine di salvaguardare la salute dei cittadini promuovendo la pratica sportiva, per non gravare cittadini e Servizio sanitario nazionale di ulteriori onerosi accertamenti e certificazioni, è soppresso l'obbligo di certificazione per l'attività ludico-motoria e amatoriale previsto dall'articolo 7" della legge Balduzzi. E il 90% dell'attività sportiva praticata nelle palestre rientra proprio nella definizione 'ludico-motoria amatoriale'. Rimane invece per legge l'obbligo del certificato per chi svolge un'attività non agonistica (gli alunni che seguono attività parascolastiche organizzate dagli istituti, dal Coni o società affiliate e chi partecipa ai Giochi della gioventù).


DESMODIO ADSCENDENTIS. COME DEPURARE IL FEGATO

Il fegato è una ghiandola a secrezione sia endocrina che esocrina. Anatomo-topograficamente si trova posizionto, sotto al diaframma, tra questo, il colon trasverso e lo stomaco. È la ghiandola più voluminosa del corpo umano. Riveste diversi ruoli nel nostro corpo, risultanto fondamentale nel metabolismo, nel'immagazzinamento del glicogeno, nella sintesi delle proteine del plasma e nella rimozione di sostanze tossiche dal sangue. Secernela bile, sostanza fondamentale nei processi della digestione.

Le funzioni del fegato sono espletate dalle cellule del fegato, gli epatociti. Le principali funzioni che esso adempie sono:
  • Produce e secerne la bile, usata per emulsionare i grassi.
  • Svolge numerose funzioni nel metabolismo dei carboidrati e delle proteine:la gluconeogenesi, ovvero la sintesi del glucosio a partire da alcuni amminoacidi, dall'acido lattico o dal glicerolo; la glicogenosintesi, ovvero la sintesi del glicogeno a partire dal glucosio; la demolizione dell'insulina e di altri ormoni; il metabolismo delle proteine.
  • Inoltre interviene nel metabolismo dei lipidi:
  • Sintetizza il colesterolo e i trigliceridi.
  • Produce i fattori di coagulazione I (fibrinogeno), II (trombina), V, VII, IX, X e XI, nonché la proteina C, la proteina S, l'epcidina e l'antitrombina.
  • Demolisce l'emoglobina, creando metaboliti che vengono aggiunti alla bile come pigmenti.
  • Demolisce numerose sostanze tossiche e numerosi farmaci nel processo noto come metabolismo dei farmaci. Il processo può portare ad intossicazione, quando il metabolita è più tossico del suo precursore.
  • Converte l'ammoniaca in urea.
  • Funge da deposito per numerose sostanze, tra cui il glucosio (come glicogeno), la vitamina B12, il ferro e il rame.
Viste le numerose e fondamentali funzioni a cui il fegato deve far fronte è necessario che quest’organo sia il meno possibile sovraffaticato e intossicato. Il periodo delle feste sta volgendo al termine è sicuramente il nostro fegato sarà stato aggredito da eccessi alimentari e da quant’altro possa essere deleterio alla sua salute.

Il giusto aiuto arriva da una pianta chiamata, Desmodium Adscendens. Essa è una pianta erbacea rampante, originaria delle zone umide equatoriali dell'Africa e dell'America Latina. 


Si trova nel sottobosco delle foreste tropicali. Le radici che contengono un olio volatile ed un alcaloide, sono utilizzate in medicina ayurvedica per sollecitare l’appetito e per la digestione lenta, per cure della dissenteria ed emorroidi. Il desmodio presenta  potente azione di rigenerazione e protezione delle cellule epatiche. Trova impiego in tutte le affezioni epatiche, anche severe, quali epatiti e stati di pre-cirrosi. Permette la normalizzazione delle transaminasi. Un’altra funzione molto imporante è l’inibizione dell’azione dell’istamina, allargando il suo possibile utilizzo anche ai soggetti allergici

E' la pianta medicinale più efficace per ripristinare le funzioni fisiologiche epatiche e quindi potrà essere utilizzata per detossificare il fegato da alimenti o da farmaci. I risultati sono stupefacenti e per definizione la pianta non è tossica e non ha controindicazioni.

Interessante lo studio sottostante che sottilinea la validità del desmodio come pianta rigenerante per il fegato.

Di Teresita Arcoraci

“CHEMICAL AND PHARMACOLOGICAL INVESTIGATION OF DESMODIUM ADSCENDENS (Sw.) D.C. (Leguminosae)”

Vincitrice di una delle borse di studio messe a concorso dalla Fondazione per l’anno accademico 2009-2010, ho svolto la mia attività di ricerca presso il Laboratory of Nutrition and Functional Food Science - Department of Pharmaceutical Sciencesdell’Università di Anversa, Belgio.

Il progetto di ricerca riguardava la valutazione in vivo dell’attività antiossidante ed epatoprotettiva di un decotto di Desmodium adscendens (Sw) DC, pianta usata nella medicina tradizionale che cresce in Africa e in Sud America, standardizzato nel suo costituente principale, il d-pinitolo. Gli effetti del Desmodium, sono stati analizzati in modelli animali di epatossicità cronica realizzati somministrando a ratti galattosamina per dieci giorni (per via intraperitoneale) ed etanolo per dieci settimane (per via orale), entrambi induttori di tossicità epatica.

Una volta indotta l’epatotossicità, i ratti sono poi stati trattati con differenti dosi di decotto di Desmodium per quattro settimane e sottoposti a periodici prelievi di sangue al fine di monitorare diversi parametri ematici. In particolare, il danno epatico e l’eventuale effetto protettivo/curativo del Desmodium sono stati valutati attraverso l’analisi dei livelli plasmatici di enzimi epatici quali l’alanil-ammino-transferasi (ALT), l’aspartato-amminotransferasi (AST) e la fosfatasi alcalina, importanti marker di epatotossicità. La malondialdeide MDA derivante dall’ossidazione lipidica, è invece stata utilizzata per investigare il potenziale effetto antiossidante del decotto.

I risultati ottenuti dagli esperimenti hanno mostrato come i ratti trattati con Desmodium avessero livelli plasmatici di enzimi epatici e MDA significativamente inferiori rispetto ai ratti non trattati.
Questi dati, ed altri elementi emersi durante lo studio, dimostrano l’effetto epatocurativo ed antiossidante del decotto portando alla concreta possibilità di sviluppare una medicina fitoterapica epatoprotettiva per uso umano.

PLICOMETRIA E COMPOSIZIONE CORPOREA



Voglio dimagrire ! voglio aumentare la massa magra ! voglio perdere peso ! voglio rientrare nei miei jeans che ora mi vanno stretti...!
Queste sono le richieste a cui maggiormente mi trovo a dover far fronte con le mie clienti e atlete. Prima di impostate un programma di allenamento e un piano alimentare sensato è giusto sottoporre il soggetto a dei test in modo da essere il più precisi possibili nella stesura del programma.
Nei casi soprariportati l’analisi della composizione corporea è il test di cui non si puà fare a meno. Pesare tot Kg non significa nulla ! Si deve sapere di cosa sono quei Kg muscoli o grasso ?
 
L’antropometria classifica i diversi individui in base a rapporti precisi tra misurazioni corporee, permettendo di inquadrare il soggetto in esame in termini di:
  • Rapporto peso/altezza;
  • Quantità di tessuto adiposo;
  • Localizzazione distrettuale del tessuto adiposo;
  • Quantità di massa magra;
  • Quantità e distribuzione della muscolatura scheletrica;
  • Valutazione di struttura e sviluppo osseo;
  • Valutazione del contenuto idrico e minerale totale.

Lo studio e la valutazione dei caratteri morfologici individuali riveste una grande importanza medica e fisiologica in quanto permette di prevedere molte delle reazioni di un dato individuo in relazione all’ambiente in cui vive o indotte da particolari situazioni quali tipologia di regime alimentare, di sforzo fisico, di attività lavorativa ecc.

Una delle metodiche più utilizzate dai preparatori atletici è la plicometria che valuta la massa grassa utilizzando lo spessore della plica cutanea. L’accuratezza e la precisione della misurazione delle pliche sono dovute al tipo di calibro utilizzato (plicometro), dall’esperienza dell’operatore e dall’esatta identificazione del sito del rilevamento.

Nell’ambito della letteratura specifica ci sono numerose equazioni plicometriche per la valutazione di un soggetto tra le quali le principali sono:
  • Metodo Jackson-Pollock: 3 pliche (uomo:pettorale, addominale, anteriore coscia; donna: tricipitale, sovrailiaca, anteriore coscia). I
  • Metodo Garrow-Webster: senza pliche; utilizza il peso, l’altezza e le circonferenze; è il metodo utilizzato in quei soggetti dove non c’è possibilità di uno o più distretti di rilevamento plicometrico perché la plica stessa è superiore ai 45 mm; si utilizza il BMI (indice di massa corporea) come valutazione di confronto.
  • Metodo Durin-Womersely: utilizza quattro pliche (tricipitale, bicipitale, sottoscapolare, soprailiaca). Utilizzato prevalentemente per soggetti con adiposità di tipo androide. È meno preciso rispetto al metodo Jackson-Pollock..
  • Metodo delle sette pliche: utilizza sette pliche (tricipitale, bicipitale, sottoscapolare, soprailiaca, anteriore e posteriore coscia, poplitea). È il metodo che più si adatta alle rilevazioni antropometriche adeguate al modello mediterraneo che presenta una localizzazione adiposa significativa nei distretti corporei inferiori. Non è un metodo specifico per l’atleta.

Per effettuare un buon test plicometrico, ci si dovrà attenere alle seguenti regole:
  • Svolgere i rilievi nella parte destra del cliente.
  • Identificare, misurare e segnare attentamente il sito di rilevamento.
  • Afferrare saldamente la plica fra pollice e indice della mano sinistra. La plica cutanea verrà tirata di 1 cm sopra il sito da misurare.
  • Mantenere lo spessore sollevato durante il rilevamento.
  • Posizionare le estremità del calibro alla plica, approssimativamente 1 cm al di sotto del pollice e dell’indice e rilasciare la pressione lentamente.
  • Fare il rilevamento quattro secondi dopo aver rilasciato completamente la pressione.


L’esame plicometrico dev’essere eseguito da soggetti esperti che da anni utilizzano il plicometro e quindi in grado di eseguire il test nel migliore dei modi.

Nel caso in cui l’operatore non sia un traienr esperto, ma anzi al contrario sia un soggetto che si sta formando professionalemnte allora è indispensabile attenersi a questi suggerimenti:
  • Essere meticolosi nella localizzazione dei tratti anatomici utilizzati per delimitare il sito del rilevamento, nel misurare la distanza ed evidenziare il sito con una matita demografica;
  • Eseguire i rilievi in ordine di rotazione (circuiti), piuttosto che in modo consecutivo; leggere il risultato del rilevamento con una approssimazione di 0.1 mm (Harpender o Holtain) o di 0.5 (calibri in plastica);
  • Fare un minimo di tre rilievi per ogni sito e farne la media;
  • Fare rilievi sulla cute detersa e priva di crema;
  • Non rilevare le pliche subito dopo l’allenamento, perché i cambiamenti nei fluidi corporei tenderebbero ad incrementare lo spessore;
  • Fare pratica su almeno 50-100 clienti; allenarsi a misurare facendosi assistere da un collega più pratico e confrontare i risultati;
  • Evitare di usare calibri di plastica se si è inesperti.
  • Inoltre è molto importante annotare l’ora del giorno, la fase del ciclo mestruale, la razza e la parte del corpo perché possono avere delle influenze sui rilievi delle misurazioni delle pliche (ciò vale in caso di confronti futuri).


La compressione del grasso varia secondo l’età, la taglia e lo stato di idratazione del corpo. Nei soggetti con tessuto sottocutaneo moderatamente compatto, la misurazione è relativamente facile, mentre in quelli che presentano un tessuto molto compatto, non facilmente deformabile, la misura presenta qualche difficoltà. Anzi è proprio in questi soggetti che può essere difficile raggiungere una uniformità di lettura. In alcuni casi si possono avere difficoltà nel misurare accuratamente individui obesi o molto muscolosi ed allora si useranno altri metodi come la impedenza bioelettrica per la valutazione del grasso corporeo.

La plicometria, quale tecnica non invasiva, ha molti vantaggi ma ha anche molti svantaggi. I vantaggi più evidenti sono:
  • La relativa semplicità nell’uso dello strumento;
  • Consente bassi costi di attrezzatura;
  • Consente di ottenere informazioni non solo sulla quantità di FM, ma anche sulla sua distribuzione distrettuale;
  • Le varie rilevazioni possono essere ripetute tranquillamente sullo stesso soggetto anche in tempi molto brevi;
  • Si possono applicare formule diverse e più adatte a seconda del soggetto come ad esempio gli atleti (equazione di Jackson-Pollock), soggetti con adiposità di tipo androide (equazione di Durin-Womersely) soggetti di tipo mediterraneo con localizzazione adiposa significativa nei distretti corporei inferiori (metodo 7 pliche) ecc.;
  • Ultimo ma non meno importante il fatto di non essere una tecnica invasiva.

 Purtroppo questo metodo possiede altrettanti svantaggi:
 
  • La plicometria non è utilizzabile su soggetti quali grandi obesi, anziani, ecc.;
  • La precisione della misurazione dipende in gran parte dall’abilità dell’operatore di mantenere uno standard omogeneo nell’utilizzo del plicometro;
  • Le misurazioni dovrebbero essere effettuate sempre dallo stesso operatore;
    Per essere più precisi bisogna ogni volta effettuare tre misurazioni e ricavarne la media;
    Non consente di conoscere la quantità di grasso viscerale;
  • Spesso si possono verificare misurazioni non attendibili perché si possono commettere errori come lo sbagliare braccio di rilevazione, applicare lo strumento in modo scorretto per cui risulta o troppo inclinato, o troppo superficiale o profondo, plica mal sollevata, tempo di lettura anticipato o tardivo;
  • bisogna individuare correttamente le sedi di rilevazioni della plica attenendosi alle indicazioni di base;
Invito chiunque vuole rimettersi in forma prima di iniziare programmi di allenamento o diete varie a sottoporsi ad una plicometria in modo da venire a conoscenza della propria composizione corporea. Dato che potrà essere poi verificato a cadenze precise per verificare se allenamento e dieta stanno funzionando, oppure se si devo apportare delle modifiche alle metodiche che si stanno utilizzando.

So che ora che avete finito di leggere questo articolo vi state facendo la plicometria manuale ! cosa sto dicendo ? questo.....


spero sia andata bene !!!